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Dieta vegetariana: via la carne con equilibrio, 7 errori da evitare

Il vegetariano scienziato rinascimentale Leonardo Da Vinci dichiarò: “Verrà il giorno in cui gli uomini giudicheranno l’uccisione di un animale come essi giudicano oggi quella di un uomo”. Cinquecento anni dopo, gli italiani sono sempre più veg: sono saliti all’8,2%, secondo il Rapporto Italia 2021 di Eurispes. In particolare, il 5,8% dichiara di seguire una dieta vegetariana e il 2,4 quella vegana. Dietro alla scelta di escludere alimenti di origine animale a vari livelli (chi solo la carne o il pesce o entrambi, chi uova, latte e derivati e chi tutti i cibi di origine animale, quindi anche il miele) non c’è solo il rispetto per gli animali come auspicava Leonardo, ma anche la volontà di prendersi cura del Pianeta, la convinzione di seguire uno stile alimentare più salutista. Per trarne i massimi benefici per la salute, però, bisogna non cadere in alcuni errori comuni, ma facilmente evitabili, come ci spiega la dottoressa Gigliola Braga, biologa nutrizionista e autrice del libro Super Brain (Mondadori).

1. Troppi carboidrati per compensare la carenza di proteine

Un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico
Spaghetti al pomodoro e basilico. Foto: Danijela Prijovic/Unsplash.

“È un rischio reale mangiare più pasta, pane, riso. I carboidrati, se in eccesso e soprattutto se raffinati, possono creare problemi, come l’innalzamento dei trigliceridi, e alla linea perché diminuiscono il senso di sazietà e spingono a mangiare di più. I legumi sono la principale fonte proteica nella dieta vegetariana, abbondanti in fibre utili alla flora batterica intestinale da cui dipende gran parte della nostra salute. Ci sono però due aspetti da considerare: sono ricchi più di carboidrati che di proteine; le proteine vegetali sono carenti di alcuni amminoacidi essenziali, pertanto sono da abbinare in modo sapiente ad altri cibi per assicurare l’apporto necessario all’organismo (complementazione proteica). Quasi sempre la complementazione si fa associando legumi a carboidrati, come pasta e fagioli, ma così si corre il rischio di superare la quota di carboidrati utile e non dannosa. Come sopperire a questo inconveniente? Accompagnando i legumi a una piccola quota proteica di derivazione animale compatibile con la propria scelta vegetariana”.

2. Dieta vegetariana vuol dire piatti monotoni

“Spesso i vegetariani tendono a mangiare soprattutto pasta e riso. Un modo per cambiare è quello di inserire cereali alternativi come orzo, farro, avena e cereali integrali, ricchi di fibre che concorrono ad aumentare il senso di sazietà. Per verificare se un prodotto è integrale, deve essere riportata la dicitura “integrale”, tipo “farina integrale”, “frumento integrale al 100%”. Le scritte “ai cereali”, “con crusca”, “100% frumento” o “macinato a pietra” non sempre identificano l’integralità all’origine. L’aspetto e il colore scuro non definiscono l’integralità del prodotto il quale potrebbe contenere colorante caramello o melassa, neppure la dichiarazione di un alto contenuto di fibre dimostra la vera integralità”.

3. Eccedere con i formaggi

Formaggi, pane e vino per aperitivo.
Formaggi, pane e vino per aperitivo. Foto: Chelsea Pridham/Unsplash.

“Formaggi e latticini (ricotta e yogurt) rischiano di essere la fonte proteica preferita da coloro che non mangiano né carne, né pesce. Tuttavia questi alimenti sono ricchi di grassi saturi che vanno limitati. La soluzione è scegliere preferibilmente i formaggi e i latticini più magri e poi utilizzare, oltre a 2-3 uova intere settimanali consentite, unicamente gli albumi che contengono le stesse proteine del tuorlo ma sono praticamente privi di grassi”.

4. Tendenza a mangiare troppi cracker e grissini come snack

“Chi esagera con i carboidrati, spesso sente continuamente il bisogno di qualcosa (snack, caffè, caramelle) per superare il disagio determinato dall’ipoglicemia reattiva conseguente all’uso di più carboidrati del necessario”, prosegue l’esperta.

Ipoglicemia e indice glicemico

“L’ipoglicemia è la condizione in cui gli zuccheri nel sangue, cioè la glicemia, sono troppo bassi. I sintomi possono essere:

  • fame
  • nervosismo
  • sbadigli
  • sudorazione
  • mal di testa
  • caduta di rendimento
  • difficoltà di concentrazione
  • stanchezza
  • tremori alle mani e alle gambe
  • irritabilità.

In ipoglicemia il cervello non ha abbastanza zuccheri per funzionare correttamente e segnala la necessità di rialzarli mangiando qualcosa, specialmente i carboidrati ad alto indice glicemico (dolci, cracker, grissini, snack salati) di cui sente bisogno. L’indice glicemico è la velocità con cui gli zuccheri entrano in circolo. Per ovviare, il pranzo e la cena possono consistere in un secondo proteico accompagnato da abbondanti verdure condite da olio extravergine d’oliva e una quota di carboidrati pari al volume del proprio pugno se sono costituiti da pane, pasta, orzo, riso, patate e così via, oppure da due propri pugni se si tratta di frutta o da mezzo proprio pugno quando si opta per un dolce. Lo spuntino pomeridiano? Bilanciato, per esempio un frutto con una noce di parmigiano. Invece, succhi, centrifughe e spremute hanno un altissimo indice glicemico sia perché sono privati della fibra, sia perché gli alimenti liquidi vengono assimilati più velocemente”.

5. La dieta vegetariana fa dimagrire

Per perdere massa grassa è necessario tenere sotto controllo l’insulina, un ormone che ognuno di noi produce in seguito alla digestione: se i suoi livelli sono troppo alti, si ingrassa; se sono troppo bassi si infiamma l’organismo; se invece sono mantenuti in un range equilibrato, può avvenire la lipolisi, il naturale fenomeno fisiologico in cui i grassi depositati possono essere rimossi per partecipare al metabolismo e così si dimagrisce senza rischi. I cibi che principalmente stimolano l’insulina sono i carboidrati, per cui se se ne utilizza troppi, non si può dimagrire, anzi, si può addirittura ingrassare. È una situazione che si verifica spesso quando la scelta veg è approssimativa e improvvisata. Se si usano verdura e frutta come principale fonte di carboidrati, inserendoli in un bilanciato apporto di proteine e grassi, si dimagrisce in salute”.

6. Dare per scontato che dieta vegetariana significhi sano

Molti studi scientifici dimostrano l’importanza dei polifenoli per la nostra salute. Queste sostanze provengono principalmente da verdura e frutta, spezie, erbe aromatiche, tè verde, olio extravergine d’oliva. Chi utilizza abitualmente questi alimenti nella dieta vegetariana si assicura preziosi alleati, tanto più efficaci quanto più abbondante è il loro consumo. Come in tutte le cose, non è il cibo a essere un veleno, ma la quantità: anche un eccesso di olio extravergine o di fibre può essere controproducente, ci vuole sempre equilibrio”. 

7. Eccedere con prodotti industriali come hamburger e affettati veg

Veggie burger con patatine di patata americana
Veggie burger e patatine di patata americana. Foto: Comidacomafeto/Pixabay.

“I legumi vengono molto utilizzati, specialmente la soia che è la più ricca in proteine, per produrre hamburger, spezzatini, affettati, tofu, tempeh. A questi si aggiungono prodotti derivati dal glutine come il seitan e il muscolo di grano. Tutti necessitano di preparazione e per questo sono altamente processati sia per prolungare la loro conservazione attraverso l’utilizzo di oli economici poco salutari (colza, palma) sia per renderli gradevoli al palato e alla vista (addensanti, emulsionanti, coloranti). Inoltre possono essere ricchi di acidi grassi Omega-6, abbondanti nella soia, che già sono molto presenti nella nostra alimentazione e pertanto andrebbero ridotti per evitare di infiammare l’organismo predisponendolo a gravi patologie. Meglio prediligere i cibi originari”. 

Quando diventa ortoressia: i consigli della psichiatra

L’attenzione al mangiar sano può trasformarsi in un disturbo che si chiama ortoressia. “Si distingue dall’alimentazione salutare per la presenza di due fattori principali: pensiero ossessivo e ricorrente focalizzato sulla scelta dei cibi sani e comportamento compulsivo finalizzato alla pianificazione e programmazione di quello che devo mangiare”, spiega Sara Bertelli, psichiatra, responsabile del Servizio disturbi alimentari all’ospedale San Paolo Polo universitario-ASST Santi Paolo e Carlo a Milano.

Qualità della vita bassa

“Nella vita quotidiana significa passare ore e ore davanti agli scaffali per controllare in modo meticoloso le etichette degli alimenti da acquistare, eliminare alcuni cibi o intere categorie come, per esempio, tutti i prodotti che non sono a km zero”, prosegue Bertelli. “Un invito a cena da amici o al ristorante diventa fonte di ansia perché l’ortoressico ha minore controllo su quello che mangerà e, di conseguenza, sarà portato a rinunciare o a selezionare solo gli inviti in cui sa che ci saranno piatti che potrà mangiare. Anche perché, in caso di piccolo sgarro, sviluppa sensi di colpa. Questo disturbo ha un grosso impatto sulla qualità della vita, sulle relazioni interpersonali, comprese quelle col partner e i figli, perché il cibo non è più una esplorazione conviviale o un percorso di crescita per prendersi cura di sé, ma diventa limitazione di libertà”.

Quanti ne soffrono

La letteratura scientifica non è chiara né sulla diffusione né sulle cause. “I dati parlano di una prevalenza dall’1 al 7% della popolazione generale, di entrambi i sessi, dai 16 anni in su”, precisa l’esperta che è anche presidente di Nutrimente Onlus, associazione per la prevenzione e la conoscenza dei disturbi del comportamento alimentare. “I fattori predisponenti possono essere un perfezionismo marcato, l’ansia, l’attraversamento di momenti difficili, un passato anoressico. Sembra un paradosso, ma i rischi che si corrono per la salute possono essere molto seri. L’ortoressia, ancora poco studiata, si cura seguendo modelli già codificati e usati per affrontare i casi di anoressia, due mondi vicini e “comunicanti”. L’approccio coinvolge esperti che si occupano dell’aspetto emotivo, nutrizionale e fisico”.

Lo sapevi che…

Lo chef svizzero Daniel Humm, tre stelle Michelin, da giugno 2021, nel suo Eleven Madison Park a New York, serve solo piatti veg, fatti con frutta, chicchi, semi, legumi, funghi, alghe e cereali. Latte e miele solo per tè e caffè. 

Dal mio articolo su Natural Style

Credito foto di apertura: silviarita/Pixabay.

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