Il 22 marzo è la Gionata mondiale dell’acqua. L’acqua si degusta, come il vino. E come per il vino esiste la carta dell’acqua, l’elenco delle etichette tra cui scegliere quelle che accompagneranno i piatti di una cena.

“La prepara l’idrosommelier, lo specialista di acque minerali, capace di distinguerne i sapori e di consigliare le più indicate da abbinare a cibi, vini e distillati tenendo in considerazione anche i gusti dell’ospite”, spiega Stefania Santini Simoncelli, watersommelier. Già, perché non c’è definizione più sbagliata di quella di descrivere l’acqua insapore.
Come leggere il residuo fisso
La classificazione più comune dell’acqua è quella che si basa sul residuo fisso, una misura (in milligrammi) di ciò che resta sul fondo dopo l’evaporazione di un litro di acqua a 180 °C: è indicata sempre in etichetta. “Molti credono che un valore basso indichi una superiore qualità dell’acqua. Non è vero”, sottolinea Nicola Sorrentino, medico nutrizionista, direttore della IULM Food Academy. “È semplicemente il modo di precisare la quantità di minerali presenti nell’acqua. Scegliere un residuo basso o alto è solo una questione di cosa cerchiamo in un’acqua”.
DEFINIZIONE | RESIDUO FISSO in milligrammi per litro (mg/l) |
Minimamente mineralizzate | inferiore a 50 mg/l |
Oligominerali o leggermente mineralizzate | da 50 a 500 mg/l |
Medio minerali o semplicemente minerali | da 500 a 1500 mg/l |
Ricche di sali minerali | superiore a 1500 mg/l |
Riconoscere il sapore
“Il residuo fisso è uno degli elementi che influisce sul sapore dell’acqua”, prosegue la idrosommelier. “Se è bassissimo è difficile trovare un sapore particolare, a meno che non ci sia una percentuale predominante di un minerale rispetto a un altro, può accadere, ma bisogna allenarsi tanto per percepirla. La presenza di sali minerali e le loro concentrazioni dipendono dalla tipologia di fonte, dalle rocce e dal terreno che l’acqua incontra durante il suo lungo viaggio sotterraneo che può durare anche centinaia di anni.
- Quando predomina il calcio il sapore è più dolce;
- bicarbonato, cloruri e solfati danno il salato;
- l’amaro è una percezione nel retrogusto e capita con la presenza di magnesio;
- l’acidità dipende dall’aggiunta o meno di anidride carbonica o dal pH che indica l’acidità dell’acqua. Si misura su una scala da 0 a 14. Un valore pari a 7 indica che l’acqua è neutra, se è inferiore sarà acidula, se è superiore sarà alcalina. Le acque che troviamo in commercio hanno in genere un pH tra 6,5 e 8.
Imparare a leggere in etichetta i valori di residuo fisso e dei minerali presenti ci aiuta a capire quale acqua stiamo comprando”.

Cosa non deve esserci nell’acqua
Quando si sceglie un’acqua è molto importante fare attenzione anche a cosa non dovrebbe esserci. “I nitrati, per esempio, possono essere presenti solo in quantità molto basse (45 mg/l), soprattutto nelle acque specifiche per l’infanzia (10 mg/l)”, precisa Sorrentino. “I nitriti, invece, più pericolosi per la salute, devono essere praticamente assenti (0,02 mg/l). Un altro elemento a cui guardare è il mercurio. Un paio di anni fa un’analisi condotta sulle acque minerali italiane ha permesso di stimare che l’assunzione nella nostra popolazione sembra essere ben inferiore ai valori soglia italiani, europei e dell’Organizzazione mondiale della sanità”.
Siamo fatti soprattutto di acqua
“Nel neonato l’acqua rappresenta l’85% circa del peso corporeo, nell’età adulta costituisce circa il 60% del peso normale, il 50% negli anziani: ecco perché è importante bere”, sottolinea Sorrentino, autore del libro Acqua da mangiare (Salani editore). “Dall’idratazione dipende il funzionamento delle cellule, degli organi, del metabolismo, dei muscoli, delle articolazioni, del cervello, delle ossa, del cuore; l’acqua mitiga il senso di stanchezza, funziona da spazzino delle tossine, non fa ingrassare, contrasta la ritenzione idrica e il gonfiore”.
Che cosa scegliere
- Per i neonati sono consigliate quelle con minor residuo fisso, le minimamente mineralizzate o le oligominerali. Bisogna prestare attenzione ad alcuni limiti (il sodio non deve superare i 20 mg/l, il fluoro 0,5 mg/l) e controllare in etichetta che l’acqua contenga una bassa concentrazione di uranio.
- Per bambini e adolescenti sono utili le acque medio minerali con più calcio e magnesio.
- Chi fa sport dovrebbe fare attenzione al contenuto di magnesio e potassio.
- Per gli adulti è utile un’acqua oligominerale in funzione dello stile di vita.
- Donne incinta o in allattamento dovrebbero optare per un’acqua calcica, come per le donne in menopausa e per gli adulti over 50.
- Per l’anziano, infine, si consiglia acqua calcica e solfato-magnesica”.
Come una medicina
Quando si usa un’acqua come ‘farmaco’ ci si riferisce alla terapia idropinica. “Non si utilizzano di norma le acque minerali che si trovano comunemente nei supermercati, ma quelle termali, sempre sotto consiglio del proprio medico”, precisa Sorrentino. Ecco qualche esempio tratto dal suo libro.
DISTURBO | ACQUE |
Difficoltà digestive | Bicarbonate, solfate, acidule, effervescenti |
Gastriti | Magnesiache e bicarbonate. Sconsigliate con anidride carbonica |
Calcolosi renale | Oligominerali e medio minerali |
Osteoporosi | Calciche |
Calcoli alla colecisti | Bicarbonate con pH superiore a 7 o che contengono alti livelli di calcio e magnesio, acqua con alti valori di cloruro di sodio |
Diarrea, sindrome colon irritabile | Bicarbonate con pH superiore a 7 |
La piramide dell’acqua
Sull’esempio della piramide dell’alimentazione mediterranea, possiamo costruire anche una piramide dell’idratazione. “Al primo livello, alla base, si posiziona l’acqua; al secondo troviamo tè, infusi, tisane, orzo e caffè decaffeinato; al terzo latte di origine animale o vegetale non zuccherato, spremute, centrifugati e succhi di frutta al 100%; al quarto posto ci sono i succhi non 100% frutta e la birra analcolica; al quinto il caffè espresso; al sesto gli sport drink, da bere solo in caso di attività fisica intensa; al settimo e ultimo livello ci sono drink, le bibite analcoliche zuccherate o meno e gli energy drink, da bere solo occasionalmente”, precisa Sorrentino.
Dissetarsi col cibo

“Tutti alimenti, in percentuale più o meno alta, contengono acqua e circa il 20-30% del nostro fabbisogno idrico, tra i 500 e i 900 ml al giorno, viene soddisfatto dalle pietanze. In cima alla lista ci sono frutta e verdura, mentre in fondo ci sono frutta secca, lardo e zucchero”, precisa Sorrentino. “Caffè, tè, tisane, succhi di frutta, bevande gassate contengono acqua e possono contribuire alla idratazione, tuttavia la scelta migliore rimane l’acqua, in bottiglia o del rubinetto, che non contiene zucchero, calorie, sostanze nervine. Per invogliarci a berla, possiamo arricchirla con qualche goccia di essenze naturali come menta, lime, zenzero, vaniglia oppure con qualche fetta di cetriolo o di limone”.
Quanti minerali si assumono bevendo
Dall’acqua possiamo assumere il calcio, proprio come facciamo con il latte, o il magnesio, come capita quando mangiamo la frutta secca. “Qualsiasi acqua potabile, compresa quella del rubinetto, contiene, anche se in piccole percentuali, gli stessi minerali contenuti nel cibo”, spiega Sorrentino. “Percentuali che, come riporta il ministero della Salute, possono raggiungere fino al 20% del nostro fabbisogno totale a seconda dell’elemento considerato e anche di più nel caso del calcio e del magnesio. Solo con l’acqua però non si può raggiungere la dose raccomandata, è fondamentale una dieta varia.
Inoltre, i minerali presenti in acqua sono in genere più velocemente assimilabili rispetto alle forme legate in molecole complesse che troviamo negli alimenti. Bisogna considerare che la quantità di sali minerali introdotta, spesso non coincide con la quantità biodisponibile che viene effettivamente utilizzata. Le acque italiane possono contribuire con apporti potenzialmente significativi di calcio, magnesio, cloro, zolfo, fluoro, manganese, ferro e rame”.
Come abbinare l’acqua al cibo
“I principi di abbinamento acqua /cibo sono due”, spiega la water sommelier Simoncelli. “Per contrapposizione: a un piatto delicato si abbina un’acqua importante, per esempio a un risotto al radicchio, amaro, si accompagna a un’acqua dolce. L’altro principio è per analogia, il metodo più semplice: si consiglia un’acqua con gusto e particolarità equivalenti al gusto e alle proprietà di un piatto, per questo è importante conoscere gli ingredienti e le tecniche di preparazione. Quindi:
- Piatti delicati e leggeri, carni bianche, pesce al vapore, dolci secchi: acqua minimamente mineralizzata con residuo fisso basso ed equilibrato.
- Piatti saporiti e grassi come brasati, lasagne, cotechini, dolci al cucchiaio: acqua mediamente mineralizzata, acqua oligominerale con residuo intorno ai 500, acqua addizionata per il potere sgrassante della bollicine che ripulisce il palato”.
Le acque più chic
Svalbardi, minimamente mineralizzata
Estratta dalla cima degli iceberg delle isole Svalbard (Norvegia). La nave rompighiaccio si spinge fino a 1 km dal Polo Nord per raccogliere il ghiaccio vecchio di almeno 4mila anni, lasciato sciogliere in un ambiente protetto e imbottigliato a mano. Ogni spedizione produce solo 13mila bottiglie di acqua potabile pura e parte dei soldi sono devoluti per la protezione degli iceberg.
Breeze, oligominerale
Ottenuta dalle nuvole portate dagli Alisei sopra le Isole Canarie (Spagna). Viene raccolta solo in alcuni mesi dell’anno.
BLK, oligominerale
È naturalmente nera perché ricca di minerali fulvici depositati in epoca preistorica sulla superficie della terra della sorgente americana da cui sgorga.
Fiji, oligominerale
Estratta da un pozzo artesiano, primitivo, lontano 1500 miglia dal continente più vicino sulle isole Fiji (Oceania). Viene filtrata per centinaia d’anni dalla roccia vulcanica.
Orezza, medio minerali
Nasce naturalmente effervescente in Corsica, dalla Castagniccia, un’area di un castagneto protetta da ogni forma di inquinamento.
Le acque italiane più premiate
Filette, oligominerale
Nasce sull’Appennino laziale, a Guarcino, un paese protetto dall’inquinamento. Si trova spesso sui tavoli dei ristoranti stellati.
Cedea, oligominerale
Sgorga ai piedi della Marmoalda, nel cuore delle Dolomiti. La sua bottiglia di design è coperta da copyright: il fondo è intarsiato a rosa colorata rossa e blu.
I consigli per degustarla e per scegliere il bicchiere più indicato
“Si sceglie un bicchiere di vetro trasparente, meglio sciacquarlo con la stessa acqua che si va a degustare”, precisa la watersommelier Simoncelli. “Poi si seguono tre passaggi:
- Esame visivo: si valuta la trasparenza, la presenza o meno della bolla e la sua dimensione, il perlage ossia la persistenza della bolla.
- Esame olfattivo: l’acqua dovrebbe essere inodore, eccetto nei casi di acqua termale o di aggiunta di disinfettanti.
- Esame gustativo: il 95% dei recettori del gusto sono nel naso, ma l’acqua non trasmette odori come capita con il vino; resta il 5% dei recettori della lingua, quindi bere un primo sorso e deglutirlo, con calma, berne un secondo, lasciare che l’acqua avvolga tutta la bocca e la lingua.
L’acqua liscia si degusta a 12° nel bicchiere basso, quella addizionata a 8° nel bicchiere con lo stelo per non alterare, tenendolo tra le mani, la temperatura dell’acqua”.
Gasatore, depuratore e caraffa filtrante: sì o no?

“Prima dell’acquisto bisogna informarsi bene perché non esistono informazioni univoche”, puntualizza Claudia Chiozzotto, esperta di ambiente per Altroconsumo.
Sistema di addolcimento
“Se il problema è la durezza dell’acqua, intorno ai 30 gradi francesi (l’unità di misura della durezza dell’acqua) contro i 10-15 consigliati, e le conseguenti incrostazioni degli elettrodomestici, ha senso valutare l’acquisto di un sistema di addolcimento da installare sulla tubazione principale in arrivo all’abitazione. Agisce solo sulla durezza dell’acqua (calcare) attraverso l’azione di resine a scambio ionico: il calcio e il magnesio del calcare vengono sostituiti con sodio e potassio, così l’acqua addolcita non è più incrostante e non forma depositi di calcare.
Il principio di funzionamento è lo stesso dell’addolcitore che c’è nelle lavastoviglie: bisogna aggiungere regolarmente il sale per “rigenerare” la resina e permetterle di fermare nuovamente il calcare dell’acqua. Il loro costo va da 350 a oltre mille euro per le utenze più grandi (es. villetta), dipende da quanta acqua devono addolcire. Ci sono però anche soluzioni più piccole di trattamento dell’acqua che possono essere installate su singoli rubinetti o a protezione di alcuni impianti, come scaldabagno e lavatrice.
Depuratori a osmosi inversa
I depuratori a osmosi inversa, invece, sono i più sofisticati e costosi, circa 2-3mila euro, si installano sotto il lavello e richiedono una manutenzione almeno semestrale da parte di un tecnico. Decalcificano e rimuovono tracce di eventuali inquinanti, pesticidi e nitrati, anche se di solito queste sostanze non sono presenti nell’acqua dell’acquedotto. Questi modelli non hanno senso se il problema è solo quello di avere acqua potabile con un buon gusto.
Caraffa filtrante
Se il problema è il sapore, il primo passo che consigliamo è la caraffa filtrante: le sue cartucce a carboni attivi oggi sono un buon sistema sicuro per migliorare il sapore dell’acqua e ridurre il rischio di proliferazione batterica. La caraffa agisce in modo soft e selettivo sui possibili inquinanti e sulle tracce di cloro, migliora il gusto anche abbassando leggermente la durezza dell’acqua, ma senza stravolgerla. Sfatiamo il mito che il calcare faccia male alla salute: contiene sali utili nell’età avanzata per proteggersi dall’osteoporosi.
Gasatore
Per chi gradisce l’acqua frizzante, esistono gasatori per aggiungere le bollicine all’acqua di casa.
Apparecchi con filtri compositi
Un’altra tipologia di impianti prevede l’installazione, sempre sotto il lavandino, di apparecchi con filtri compositi (meccanici più cartucce a carboni attivi). Richiedono manutenzione semestrale con personale specializzato per accertarsi che i filtri siano puliti e che il sistema di disinfezione finale, di solito una lampada UV integrata nell’apparecchio, funzioni bene al fine di evitare proliferazioni batteriche. I costi sono tra i 250 e i 1.000 euro”.
L’inchiesta sui depuratori di Altroconsumo: clicca qui.
L’acqua è una risorsa a rischio

Indispensabile per la vita e l’agricoltura, l’acqua è una risorsa fortemente a rischio, proprio per l’uso eccessivo globale che ne viene fatto: si stima, infatti, che l’agricoltura rappresenti oltre il 70% dell’utilizzo idrico e che con la crescente domanda di cibo, l’uso dovrebbe aumentare ulteriormente.
L’ultimo rapporto State of Food and Agriculture della Food and Agriculture Organization (FAO) riporta che, negli ultimi vent’anni, in tutto il mondo le riserve di acqua dolce sono diminuite di oltre il 20% e che continueranno a diminuire in relazione ai cambiamenti climatici in atto, in particolare legati all’assenza di precipitazioni invernali, che creano riserve d’acqua per le successive irrigazioni, e alla siccità (il Po, per esempio, sta registrando valori di secca come in estate). Proprio per arginare la carenza idrica, la ricerca sta studiando nuove strategie in ambito agricolo per l’uso razionale di questa preziosa risorsa.
La strada del carbone vegetale contro la siccità
PON Water4AgriFood è il progetto, coordinato dal CREA Agricoltura e Ambiente, che nasce dallo sforzo di ripensare la carenza d’acqua disponibile per le aziende agricole in chiave innovativa e resiliente, con soluzioni reali e praticabili. In tale direzione, il centro, infatti, sta studiando e quantificando gli effetti del biochar, il carbone vegetale che si ottiene dalla pirolisi, ossia dalla decomposizione termochimica di diverse biomasse vegetali). Se applicato ai suoli, è in grado di migliorarne le proprietà fisiche e idrauliche. In generale, l’addizione di biochar al suolo aumenta la sua porosità e favorisce la ritenzione idrica e quella degli elementi nutritivi che rimangono più a lungo disponibili per le piante. E’ stato evidenziato che l’aggiunta di biochar alla concentrazione del 20 o del 40% (in volume) a tre suoli medio sabbiosi, ne ha incrementato il contenuto idrico volumetrico alla capacità di campo, in media del 10 o del 20%.
Una versione più breve di questo articolo è uscita su Natural Style.
Credito foto in apertura: JEngin Akyurt/Pixabay.
Avvertenza
Nessun contenuto di questo sito è da usare come sostituto del consiglio del proprio medico di base o di altro medico qualificato.