I sostituti del sale sono noti nella letteratura scientifica per abbassare la pressione del sangue. Ora il Salt Substitute and Stroke Study (SSaSS), uno studio aperto randomizzato a gruppi tra i più grandi condotti in questo campo, pubblicato sul New England Journal of Medicine, mette in luce come riducano i rischi di ictus, di altre malattie cardiovascolari (ictus e sindrome coronarica acuta non fatali o morte per cause vascolari) e di mortalità generale negli adulti ipertesi o con una storia di ictus. Questi effetti fino a oggi erano poco chiari perché basati principalmente su dati osservazionali.
Lo studio
La ricerca australiana, condotta tra il 2014 e il 2015, ha coinvolto 20.995 abitanti di 600 villaggi delle aree rurali della Cina. L’età media era di 65,4 anni e le donne erano il 49,5%. Il 72,6% del campione aveva una storia di ictus e l’88,4% di ipertensione. Gli studiosi hanno suddiviso, in modo casuale, il campione tra: gruppo di intervento, in cui i soggetti hanno utilizzato un sostituto del sale (75% cloruro di sodio e 25% cloruro di potassio) per cucinare, condire e conservare il cibo; quello di controllo in cui i partecipanti hanno mantenuto il sale normale (100% cloruro di sodio).

La durata media del follow-up è stata di circa 5 anni. L’incidenza dell’ictus, obiettivo primario dell’indagine, si è abbassata circa del 14% usando il sostituto del sale rispetto al sale normale (29,14 casi contro 33,65 ogni 1.000 persone-anno). E’ calata di circa il 13% l’incidenza delle maggiori malattie cardiovascolari (49,09 casi contro 56,29 ogni 1.000 persone-anno) e quella di morte prematura di circa il 12% (39,28 casi contro 44,61 ogni 1.000 persone-anno). Tra gli obiettivi non primari dello studio c’era anche quello di rilevare il tasso di eventi avversi gravi attribuiti alla iperkaliemia clinica, tasso che non è apparso differente tra gruppo di intervento e gruppo di controllo (3,35 casi contro 3,30).
Il professor Bruce Neal del George Institute for Global Health di Sydney, primo autore dello studio, ha sottolineato come la sostituzione del sale sia uno dei pochi modi pratici per ottenere cambiamenti nelle abitudini delle persone a tavola. Ha detto: “È importante che il sostituto del sale sia molto facile da produrre e non sia costoso. Sono soprattutto le popolazioni a basso reddito e più svantaggiate che aggiungono grandi quantità di sodio durante la preparazione e la cottura del cibo. Il sale iposodico ha il potenziale di ridurre le disuguaglianze di salute relative alle malattie cardiovascolari”.
L’indagine precedente
Quindici anni prima, uno studio simile tra gli anziani veterani di Taiwan che usavano un sale arricchito di potassio rilevò una riduzione del 40% della mortalità cardiovascolare in circa tre anni. È un secolo, però, che si discute sulla quantità di sale “sicura” per la salute. Un’efficacia più ampia dei risultati del SSaSS è difficile da prevedere, data la limitata generalizzabilità del campione. Non c’è dubbio che, stando alle indicazioni delle linee guida globali, l’assunzione di sale nella maggior parte del mondo generalmente superi quella necessaria per l’omeostasi.
Il consumo nel passato

La nostra specie, come ricorda il New York Times, si è evoluta con una dieta a basso contenuto di sodio da 200 a 600 milligrammi al giorno. In Italia, dal monitoraggio nella popolazione adulta del consumo abituale di sale effettuato nell’ambito del Progetto Cuore emerge che l’assunzione media giornaliera nel campione esaminato è stata di 10,8 g negli uomini e di 8,3 g nelle donne nel periodo 2008-2012 e rispettivamente di 9,5 g e di 7,2 g nel periodo 2018-2019. “C’è stata una riduzione di circa il 12% in 10 anni, riscontrabile, sebbene con ampiezza diversa, in tutte le classi di età, le categorie di indice di massa corporea e in ogni livello di istruzione”, spiega Chiara Donfrancesco, ricercatrice del Dipartimento Malattie Cardiovascolari, Endocrino-metaboliche e Invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità e responsabile dell’indagine.
Le principali fonti di sodio
Non rientriamo, però, ancora nei parametri suggeriti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che raccomanda di non superare i 5 g (circa 2 g di sodio) al giorno. In Italia – e in gran parte del mondo – la sfida più grande è ridurre l’uso di prodotti già pronti. “Più della metà del sodio che consumiamo, il 54%, arriva da cibi conservati e precotti; il 36% deriva da quello che si aggiunge quando si cucina o si è a tavola; il 10% è rappresentato da quello contenuto naturalmente negli alimenti”, precisa la ricercatrice.
Come si vede dalla tabella qui sotto, basta una pizza per raggiungere la quantità limite giornaliera di sodio.
ALIMENTO | SODIO IN GRAMMI |
300 g di pizza rossa o bianca | 2 |
50 g di prosciutto crudo dolce | 1,3 |
1 piatto di pasta pronta surgelata | 1 |
2 g di dado da brodo | 0,5 |
100 g di fagioli in scatola | 0,5 |
50 g di prosciutto cotto | 0,35 |
50 g di parmigiano | 0,30 |
1 pacchetto di cracker | 0,30 |
1 fetta di pane | 0,15 |
1 fetta di pane toscano “sciapo” | quasi nulla |
frutta e verdura fresca | quasi nulla |
Come leggere le etichette
Le etichette sulle confezioni offrono un’idea chiara di quello che si sta comprando. Un prodotto si intende a basso contenuto di sale quando ne ha meno di 0,3 g (corrispondenti a 0,12 g di sodio) per 100 g di prodotto. Il sale è usato per migliorare la conservazione dei cibi e anche come correttore del gusto. Per questo è presente in alimenti insospettabili, come i cereali per la colazione o i biscotti.
Strade alternative
“Secondo stime basate su indagini cliniche ed epidemiologiche, riducendo l’assunzione di sale in Italia si potrebbero evitare fino a 26.000 decessi dei circa 135.000 che avvengono per infarto o ictus”, commenta la dottoressa Donfrancesco. Dai pochi studi che ci sono a disposizione sugli effetti delle variazioni di sale sulla percezione gustativa, emerge che il gusto tende ad abituarsi rapidamente ai cibi via via meno salati. Alla fine, si apprezzano di più di quelli molto saporiti.
Il primo passo per rieducare il palato è ridurre, poco per volta, salumi crudi, snack salati, dadi da brodo, pane, prodotti in scatola già pronti. Il secondo, ricorrere ai sostituti del sale come quelli indicati di seguito, ognuno dei quali ha pro e contro.

- Sale iposodico. È l’unico che ha meno sodio. La letteratura medica è ricca di evidenze secondo le quali un’assunzione elevata di sodio e inadeguata di potassio ha effetti sul rischio di malattie cardio e cerebrovascolari. “L’Oms indica un apporto minimo di potassio consigliato pari a 3510 mg al giorno. E’ da raggiungere attraverso l’alimentazione, principalmente consumando frutta e verdura, ma anche cereali, patate e latticini”, precisa la ricercatrice. “In caso di assunzioni integrative, come accade coi prodotti iposodici, è bene informare sempre il medico e seguire le sue indicazioni”. Sarà infatti il professionista a valutare i singoli casi, con maggiore attenzione, per esempio, ai pazienti che soffrono di malattie renali, di diabete o che assumono farmaci che diminuiscono l’eliminazione del potassio.
- Sali colorati. Si va da quello rosa dell’Himalaya al sale di argilla rossa delle Hawaii. Ad attrarre, la sensazione che facciano meno male perché fonti di sali minerali e di oligoelementi. I claim sulle confezioni vantano effetti salutistici soltanto per esigenze di marketing, segnala l’associazione dei consumatori Altroconsumo. Il colore rosa del sale dell’Himalaya, per esempio, è dato dalla presenza di ossido di ferro. Non esistono, però, studi scientifici che supportino i benefici sulla salute. I sali minerali sono in quantità talmente minime da non essere considerate significative. Per questo, Altroconsumo ha chiesto all’Antitrust di verificare l’ingannevolezza di alcuni slogan segnalati. Inoltre, ricorda che esiste un regolamento europeo riguardo i claim salutistici autorizzati che non riporta indicazioni sulle proprietà del sale.
- Spezie ed erbe aromatiche. “Sono una valida alternativa perché aiutano a insaporire il cibo senza che ci sia un apporto eccessivo di sale. Si può ricorrere anche all’uso di limone e di aceto che possono contribuire a rendere più robusto il sapore delle pietanze”, dice Donfrancesco. Come rivela Altroconsumo, non si sa molto delle problematiche legate alla coltivazione e alla produzione delle spezie, che avviene spesso in zone del Sud del mondo. Qui ci sono seri problemi di: equità nel commercio e nel trattamento dei lavoratori; possono essere usate sostanze chimiche vietate (pesticidi e coloranti); i controlli sono minori. Per questo l’associazione consiglia i prodotti del commercio equo solidale che rispettano gli standard etici ritenuti rilevanti in questo settore.
- Gomasio e sale di sedano. Il gomasio si ottiene tostando 50 g di semi di sesamo e 5 g di sale marino integrale. Il sale di sedano si prepara essiccando in forno questo ortaggio che naturalmente è tra i più ricchi di sodio: 140 mg in 100 g (da Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria). “Essere naturale non significa che non possa avere conseguenze sulla salute. Bisogna considerare il tipo di alimentazione che seguiamo nel complesso perché è questo che determina l’apporto di sodio. Il livello massimo consigliato giornalmente si raggiunge con circa un cucchiaino di sale, aggiunto mentre si cucina o si è a tavola o già presente negli alimenti scelti”, conclude Donfrancesco.
Acqua povera di sodio: un mito da sfatare
“Nella maggior parte delle acque minerali il contenuto di sodio è inferiore a 0,05 g per litro. Questo significa che per arrivare a 2 g bisognerebbe bere più di 40 litri. Con due litri di acqua, ogni giorno si introducono in media da 0,02 a 0,1 g. L’acqua pertanto non rappresenta la principale fonte di sodio”, dice Donfrancesco.
Dal mio articolo su InformaMi, Bollettino OMCeO Milano Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
Credito foto in apertura: Jason Briscoe/Unsplash.
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