Si associano sempre all’assunzione di pesce, ma gli Omega 3, noti come “grassi buoni”, possono essere anche di origine vegetale. “Sia gli Omega 3 sia gli Omega 6 sono acidi grassi essenziali: il nostro corpo non li produce e bisogna introdurli attraverso l’alimentazione”, spiega Stefano Erzegovesi, medico nutrizionista e psichiatra, esperto in nutrizione preventiva e disturbi alimentari. “Sfatiamo, però, subito un mito: si crede che gli Omega 3 siano il paradiso della salute e gli Omega 6 l’inferno perché, se in eccesso, sono pro infiammatori. Sono importanti entrambi ed è fondamentale che le loro quantità siano in equilibrio per garantire all’organismo un’azione cardioprotettiva e antinfiammatoria. Non servono come grassi da bruciare per la produzione di energia, ma per favorire una buona funzionalità delle membrane che ricoprono le nostre cellule, soprattutto le membrane nobili di cuore e cervello”.
Quali sono i cibi migliori da portare a tavola?
“Viviamo in un’epoca in cui è più facile essere sbilanciati verso gli Omega 6 perché sono presenti in abbondanza negli oli vegetali aggiunti ai prodotti da forno già pronti come fette biscottate, cracker, biscotti, merendine. Per evitare un eccesso di Omega 6 bisogna tornare ad alimenti più primitivi: quando è possibile, al posto di un cracker o di un biscotto preferire una fetta di pane integrale e introdurre un cucchiaino di olio di oliva, di semi girasole o di sesamo spremuti a freddo con procedimenti meccanici e senza uso di solventi, le fonti migliori di Omega 6”.
Gli Omega 3, invece, dove si trovano?
“Gli onnivori ne assumono a sufficienza con la loro dieta varia se mangiano un paio di volte a settimana il pesce giusto, per esempio alici, sardine e sgombri, salmone nei giorni di festa. Quest’ultimo è considerato il “re” di questo tipo di grassi, ma è meno sostenibile per l’ambiente se pescato o allevato in maniera intensiva rispetto a quello azzurro che è anche più economico. Chi non gradisce il pesce può assumere un corretto apporto di Omega 3 ricorrendo ogni giorno a 30 g di noci o 1 cucchiaio da minestra di olio di semi di lino o 2 cucchiai di semi di lino macinati”.
Perché i semi di lino vanno tritati?
“Vanno consumati tritati, l’ideale è a mano al momento, per permettere all’organismo di estrarre le molecole benefiche dalla struttura fibrosa del seme. Diversamente i semi passano indenni dal tubo digerente e vengono in gran parte espulsi attraverso le feci. Sono sensibili al calore, per questo motivo bisogna conservarli in frigo per una notte in modo da ridurre il rischio di scaldarli se si tritano con un elettrodomestico. Da macinati tenerli in frigorifero. A causa delle loro fibre, i semi di lino possono ridurre l’assorbimento dei farmaci. Quando si prende una medicina far passare circa un paio di ore prima di mangiarli. Attenzione agli Omega 3 vegetali nell’olio, anch’essi si ossidano facilmente: se si usa quello di semi di lino, per esempio, acquistarlo nei negozi dove è conservato in frigorifero, trasportarlo in una borsa refrigerata e riporlo subito nel frigo di casa”.
C’è differenza tra Omega 3 vegetali e animali?
“Quelli di origine animale, detti a catena lunga come EPA e DHA, equivalgono all’acquisto di una bicicletta già montata, sono un prodotto pronto all’uso. Quelli vegetali, detti a catena corta come l’ALA, corrispondono all’acquisto dei singoli pezzi di una bici che va montata. “L’assemblaggio” dei grassi per trasformarli a catena lunga richiede all’organismo uno sforzo maggiore che può essere poco efficiente in alcune persone, come nel caso delle donne in gravidanza e in allattamento. A loro, infatti, il medico può prescrivere un’integrazione con olio ricco in DHA estratto da microalghe”.
Dal mio articolo su Corriere della Sera inserto Salute.
Credito foto in apertura: micheile dot com/Unsplash.
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