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Olio di oliva e pesce: i cibi contro l’emicrania

Sarebbe un sogno una dieta per l’emicrania, tra le maggiori cause di disabilità nel mondo per il suo impatto elevato sulle attività sociali, lavorative e familiari: ne soffre il 12% degli italiani ed è tre volte più prevalente nelle donne rispetto agli uomini. Il Global Burden of Diseases, il rapporto annuale mondiale che misura l’impatto delle patologie in termini di mortalità e disabilità, la mette al primo posto come causa disabilitante nelle donne fra i 15 e i 49 anni.

Nuovo studio

Di recente un gruppo di studiosi americani ha confermato quello che già precedenti ricerche avevano osservato: la dieta, in questo caso ricca più del solito di acidi grassi Omega 3 provenienti da cibi come olio extravergine d’oliva e pesce, può aiutare a ridurre gli attacchi, si legge sul British Medical Journal. I risultati si basano su 182 pazienti (88% donne, età media 38 anni) sofferenti per emicrania con una frequenza variabile tra i 5 e i 20 giorni al mese e che, in modo casuale, sono stati assegnati per 16 settimane a uno di questi tre regimi dietetici: uno di controllo senza variazioni di acidi grassi; due di intervento, entrambi con più Omega 3 e con o senza riduzione di Omega 6. Questi acidi grassi servono come precursori di ossilipine, molecole che, in modelli preclinici, hanno dimostrato di partecipare a uno dei numerosi sistemi coinvolti nella regolazione del dolore. Rispetto alla dieta di controllo che ha portato scarsi benefici, quelle di intervento hanno fatto registrare un calo da 2 a 4 episodi al mese e una riduzione della durata degli attacchi, con benefici maggiori per la dieta con meno Omega 6. Non sono emerse variazioni significative sulla qualità della vita.

Che cosa significa?

«Questo significa che l’intensità del dolore è rimasta alta, ma i risultati in termini di riduzione di attacchi al giorno e al mese sembrano interessanti, sia nei soggetti con forme episodiche di emicrania sia con forme croniche», spiega Bruno Colombo, neurologo responsabile del Centro Cefalee e Algie Facciali dell’IRCCS Ospedale San Raffaele. «Ora servono studi su campioni più ampi e della durata di sei mesi o un anno per valutare la “tenuta” e l’applicabilità a lungo termine di un regime dietetico di questo tipo».

Questa dieta può essere un supporto alla terapia farmacologica?

«Certamente e sarà lo specialista a valutarla: non si può definire come una cura a sé, soprattutto perché nella maggior parte dei soggetti emicranici serve una terapia farmacologica personalizzata, sia in fase acuta sia in profilassi. I meccanismi alla base della patologia emicranica sono complessi e la modificazione favorevole del sistema delle ossilipine non esclude che altri meccanismi biochimici mantengano la predisposizione agli attacchi. C’è di sicuro una condizione genetica che fa sì che i centri di controllo del dolore nel cervello dell’emicranico siano non ben equilibrati, a tal punto da reagire con un attacco anche solo per un cambiamento climatico, di fuso orario o di carenza di sonno, o per fattori ormonali e psicologici (emozioni, situazioni conflittuali, stress)».  

Quali sono i “cibi detonatori”?

«Tra i più diffusi ci sono cioccolato e vino rosso, ma alcuni pazienti non manifestano una correlazione dieta-emicrania, altri sì. Tenere un diario alimentare aiuta il medico a trovare un possibile legame e a personalizzare la dieta. Consiglio di mangiare a ore regolari evitando digiuni prolungati. Inoltre, di praticare meditazione per migliorare la percezione del proprio corpo, rispettare un ritmo di vita regolare come ore di sonno, di lavoro, di sport e di non forzare posture».

Dal mio articolo su Corriere della Sera inserto Salute

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