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Meno carne rossa, insaccati e salumi e più verdure: così si può ridurre il rischio di tumore al colonretto


La carne rossa consigliano di mangiarla una volta alla settimana, così ci si protegge dal rischio di tumore
Roast beef con patate. Foto: Bao Menglong/Unsplash.

Un ridotto consumo di carne rossa e lavorata (insaccati e salumi), una maggiore assunzione di frutta e verdura e un miglior stile di vita possono ridurre il rischio di tumore del colonretto di quasi il 40% tra le persone con un’alta predisposizione genetica di sviluppare la malattia, secondo uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition. Percentuale che scende al 25 tra le persone a basso rischio.

Lo studio

La stima, che si basa su un’associazione e non su una relazione causa-effetto di carne rossa e rischio tumore, arriva da studiosi del Vanderbilt University Medical Center. I ricercatori sono giunti a questa conclusione analizzando i dati di 346.297 partecipanti della coorte inglese Biobank e confrontando due tipi di punteggi: sullo stile di vita e sul rischio poligenico. Il primo è stato costruito sulle informazioni relative a indice di massa corporea, rapporto vita-fianchi, attività fisica, tempo sedentario, assunzione di carne rossa e processata, consumo di frutta e verdura, assunzione di alcol e uso di tabacco. Il secondo è stato determinato utilizzando varianti genetiche associate al rischio di cancro colorettale identificate in recenti studi di grandi dimensioni.

Oltre a carne e verdure, qual è lo stile di vita corretto che aiuta a proteggere dal tumore?

Verdura fresca in un cesto
Verdura fresca sempre presente nella dieta. Foto: Jill Wellington/Pixabay.

“Quello in cui si trova il proprio equilibrio ricordando che mangiare è anche un piacere, serve moderarsi non privarsi”, spiega Filippo de Braud, professore ordinario all’Università degli Studi di Milano e direttore del dipartimento di Oncologia medica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. “Bisogna evitare sovrappeso, fumo, cibi ricchi di additivi, fare movimento, avere una dieta varia e ricca di fibre vegetali, limitare sale, zucchero e grassi, evitare i superalcolici, ridurre alcol a un bicchiere al giorno, carne e soprattutto insaccati sui quali serve un distinguo. Un salame inglese, francese o tedesco ha una qualità molto bassa rispetto a quello italiano perché da noi ci sono più controlli sull’alimentazione degli animali da produzione di carne, la preparazione, la conservazione e l’aggiunta di additivi. Il binomio geni-stili di vita è interessante perché il tumore è una malattia dei geni che fa perdere alle cellule il proprio comportamento normale. Uno stile di vita adeguato riduce l’infiammazione metabolica che, unita a un deficit di riparazione delle cellule, può favorire lo sviluppo del cancro”.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato la carne rossa nel gruppo dei probabili cancerogeni e quella lavorata nel gruppo dei cancerogeni. Cosa significa ridurle?

Carne rossa cucinata al barbecue
Carne rossa sul barbecue. Foto: Paul Hermann/Unsplash.

Le linee guida consigliano 500 g di carne rossa a settimana e 50 g di insaccati. Non si è trovata una spiegazione di causa-effetto tra il consumo di carne rossa e il rischio di tumore, la si è invece identificata per gli additivi presenti negli insaccati. Una delle cose più associate al rischio di tumore è il metodo di cottura della carne. Quella crosticina scura, tipica della brace, è ricca di prodotti di combustione che contengono sostanze cancerogene. Non escludiamo il barbecue, ma limitiamolo a una volta al mese”.

E la carne bianca?

“Per le carni bianche mancano studi sufficientemente attendibili”.

Quanto è diffuso in Italia il tumore al colonretto?

È la terza causa di tumore. L’incidenza su 100mila abitanti è di 130-140 nuovi casi, 90 negli uomini e circa 50 nelle donne. È il terzo tipo di tumore nell’uomo, dopo polmone e prostata, e il secondo nella donna, preceduto da quello alla mammella. Ha un processo di crescita lungo e la colonscopia è una prevenzione primaria perché intercetta i cosiddetti polipi che possono subire una trasformazione neoplastica. Dopo i 50 anni è bene farla ogni 5 anni nei casi in cui ci siano fattori di rischio o familiarità. Tuttavia la colonscopia è un esame invasivo e quindi è importante partecipare ai programmi di screening nazionali sulla ricerca del sangue occulto nelle feci. È il metodo riconosciuto come più adeguato per fare indagini preventive su grandi numeri di soggetti “normali”, prima di procedere con esami invasivi”.

Dal mio articolo sul Corriere della Sera, inserto Salute

Credito foto in apertura: Reinhard Thrainer/Pixabay.

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