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Granchio blu, il crostaceo con pochi grassi e calorie

E’ ricco di proteine, ha pochi grassi e calorie. Lo si trova nei supermercati e nelle pescherie e gli chef lo propongono nei menu per gustarne la sua polpa cotta a vapore in insalata o per condire gli spaghetti. Stiamo parlando del granchio blu (Callinectes sapidus), il crostaceo che sta andando a ruba anche solo per la curiosità di assaggiarlo visto che è una specie aliena del Mediterraneo.

Non è infatti tipica dei nostri luoghi, è originaria delle coste orientali degli Stati Uniti, distribuita dal Canada all’Argentina. E’ probabilmente arrivata in Italia attraverso le acque di zavorra che permettono alle navi che non sono a pieno carico di mantenere il loro assetto durante la navigazione. Giunte a destinazioni, le navi scaricano l’acqua e la vita marina che hanno con sé. 

Ha un sapore delicato

Nei Paesi in cui il granchio blu è diffuso da tempo il suo consumo è normale. Secondo il dipartimento dell’Agricoltura americano, 100 g di parte edibile del granchio blu hanno:

  • 87 kcal
  • 18,1 g di proteine
  • 1,08 di grassi totali
  • tracce di carboidrati (0.04 g).

“Dopo i gamberi e le aragoste, i granchi sono il gruppo di crostacei più importante per la pesca nel mondo”, esordisce Ernesto Azzurro, dirigente di ricerca dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine (Cnr-Irbim) di Ancona, coautore di alcuni studi scientifici sul granchio blu e responsabile del progetto UseIT che promuove l’utilizzo delle specie aliene in Italia.

“Il granchio blu ha un sapore delicato e persistente, come quello degli altri granchi. Al palato si percepisce la sua carne più magra rispetto a quella delle mazzancolle. Ha un alto valore nutritivo e può soddisfare le necessità di ognuno di noi, complice anche il fatto che le calorie sono poche e questo fa del crostaceo più chiacchierato del momento un alimento che può essere inserito anche in una dieta ipocalorica”.

Grassi buoni Omega 3

“Tutti i granchi, infatti, hanno una quota lipidica inferiore al 5%. Anche quello blu si caratterizza per la presenza di acidi grassi polinsaturi, in particolare Omega 3, noti per il loro potere antinfiammatorio, antiossidante, antipertensivo e ipolipidemizzante. E’ comunque importante fare una distinzione a proposito della sua polpa: quella che si trova nelle chele e nel petto è la parte più nobile. Difatti la maggior quantità di colesterolo è presente nella testa, come accade per i gamberi, e nel fegato. Si può mangiarli se non si hanno problemi di dieta. In particolare, il fegato (ovvero epatopancreas), scucchiato e messo in padella a soffriggere, è un’ottima base per dare sapore alla preparazione di un risotto o di una pasta”.

Chele e ventre sono blu per la presenza di due pigmenti, ma uno dei due si decompone quando si cuoce il crostaceo che, così, perde il colore che lo caratterizza.

Vitamine e minerali

Il granchio blu ha anche un’importante presenza di vitamine e minerali. Sempre secondo quanto riporta il dipartimento dell’Agricoltura americano, 100 g di parte edibile hanno:

  • vitamina C (3 mg)
  • vitamina B3 (2,7 mg)
  • vitamina B1 (0,08 mg),
  • vitamina A (5 UI ossia Unità Internazionale)

Presenti anche molti minerali:

  • calcio (89 mg)
  • fosforo (229 mg)
  • potassio (329 mg)
  • sodio (293 m)
  • zinco (3,54 mg)
  • selenio (37,4 mg).

“Sfatiamo un mito che sta girando sul web: si possono mangiare sia i maschi sia le femmine e non solo i maschi come si legge online”, raccomanda l’esperto. “Quello che può accadere è una differenza di valori nutrizionali. Possono essere più scarsi se si consuma un granchio femmina che sta dedicando le sue energie al carico di uova (ne depone fino a 8 milioni per covata e possono essere mangiate) che porta in grembo”.

Non si butta nulla del granchio blu

Quello che resta del crostaceo dopo averne mangiato la polpa può essere recuperato in chiave sostenibile e zero spreco. “In Tunisia, per esempio, dove si vive l’esplosione del granchio blu dal 2016, i resti vengono seccati in un essiccatore e frantumati. La polvere ottenuta è sfruttata come fertilizzante in agricoltura proprio per la sua ricchezza di minerali”, aggiunge il ricercatore. “Un’alternativa è l’estrazione dal carapace di chitina. Questa sostanza che rende il guscio così duro, un polisaccaride come la cellulosa: potrebbe trovare impiego nei settori tessile, cosmetico e farmaceutico”. 

Altre specie aliene edibili

“Ci sono molte altre specie aliene che possono avere impatti ecologici altrettanto importanti a quelli del granchio blu, un onnivoro vorace di cozze, vongole, crostacei e alghe, e che potrebbero essere destinate al consumo umano anche se nessuno ne parla. Mi riferisco, per esempio, alle Conchiglie dell’Arca, un tempo conosciute con il nome di Scafarca, specie bivalvi presenti in quantità abnormi in Adriatico”.

Qualche curiosità

In Italia le prime segnalazioni di granchio blu risalgono al 1949, come riporta Arpa Veneto, ma è solo da una decina di anni che questa specie ha cominciato a diffondersi. Al suo interno il cannibalismo è un fenomeno comune. L’impiego di questi crostacei come nuove risorse di pesca è la strategia adottata da molti Paesi del Mediterraneo per gestire la problematica sul lungo termine. Per supportare questa strategia, i ricercatori del Cnr hanno predisposto un breve questionario rivolto a tutti i cittadini, anche a quelli che non hanno mai assaggiato il granchio.

Dal mio articolo sul Corriere della Sera

Credito foto: Granchio blu del Mar Rosso Portunus segnis. Foto E. Azzurro dal sito del Cnr.

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