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Freddi piaceri estivi. Il gelato goloso che fa bene

Se si potesse andrebbe inserita nella lista degli ingredienti. L’aria, infatti, è un vero e proprio ingrediente per il gelato. È lei che ci fa percepire al palato quel tipico e godereccio senso di sofficità senza farci sentire troppo freddo come capita quando si sceglie un ghiacciolo. I primi gelati di cui si ha notizia, infatti, non erano altro che blocchi di ghiaccio aromatizzati e zuccherati che i cuochi pasticcieri inserivano in varie forme.

L’importanza dell’aria

Il mondo del gelato di Roberto Lobrano, Slow Food
Il libro Il mondo del gelato di Roberto Lobrano (Slow Food Editore).

Per arrivare al gelato morbido e spatolabile di oggi, quello che conquista prima con gli occhi che con il palato, è stato necessario comprendere che il congelamento andava ottenuto mentre si continuava a mantecare la miscela. «Questo movimento permette di incorporare naturalmente nel gelato artigianale bollicine di aria. Il loro compito è di distanziare i cristalli di ghiaccio che si formano grazie alla presenza dell’acqua, la materia prima preponderante e l’unica che durante il congelamento si trasforma in cristalli. Per questo percepiamo il gelato morbido e con una temperatura piacevole pur essendo servito a -12», spiega Roberto Lobrano, gelatiere da 40 anni, autore del libro Il mondo del gelato (Slow Food Editore, 18 euro, contiene anche ricette) e fondatore della nuova sede di Scuola internazionale di alta gelateria, inaugurata a luglio 2021, a Casalecchio di Reno (Bologna). E’ un po’ quello che accade se si beve la panna liquida dal frigorifero, a 4 °C, che risulta fredda, o se la si consuma, alla stessa temperatura, montata: è più calda grazie all’aria inglobata. A questo punto la domanda sorge spontanea: se l’acqua, che può arrivare fino al 70%, e l’aria sono gli ingredienti principali, il gelato è amico o nemico della linea? 

Pasto sostitutivo senza sensi di colpa

«I gusti a base di latte, panna o crema hanno circa 200 kcalorie (kcal) per 100 g, quelli alla frutta, i cosiddetti sorbetti a base di acqua, la metà, arrivano al massimo a 130 kcal. Il più piccolo hamburger venduto dalle principali catene di fast food supera le 260 kcal e l’80% è costituito dalla presenza di grassi saturi della carne, cosa che non accade con un cono. Il gelato di qualità può diventare il nuovo fast food all’italiana: può essere un sostituto di un pasto un paio di volte alla settimana senza sentirsi in colpa; può essere una merenda per lo sportivo; può aiutare il bambino che non vuole più bere il latte a ritrovare quell’apporto di calcio importante per la salute delle sue ossa», rassicura Silvana Hrelia, professore ordinario di Biochimica all’Università degli studi di Bologna. «Ha tutti i macronutrienti che servono, carboidrati, proteine e grassi. E gli zuccheri, che in passato rappresentavano il 25%, sono scesi al 15-16%. Bisogna però inserire il gelato in una dieta varia che comprenda tutti i giorni almeno due porzioni di frutta (150 g a porzione) e tre di verdura (250 g a porzione, 80 per l’insalata) ed evitare alcuni errori. Innanzitutto scegliamo la coppetta e non il cono, capisco che leccare il gelato ha quel quid in più di edonistico, ma spesso nel computo delle calorie ci si dimentica proprio di conteggiare quelle extra fornite da coni, cialde, granelle, glasse che vengono offerti in gelateria. Le quantità sono importanti, 100 g sono sufficienti ed equivalgono a una coppetta normale. In uno stile di vita sano non esistono alimenti vietati, il concetto chiave valido per tutti i cibi è sempre lo stesso: usiamo la testa evitando gli eccessi. Inoltre, impariamo a non considerare il gelato come dessert, è forse lo sbaglio più comune che si compie. Al termine di un pasto abbiamo già introdotto macronutrienti e calorie a sufficienza, il gelato rappresenterebbe un surplus. Se invece lo si gusta come sostituto del pasto, non si paga pegno. Chi ha il colesterolo alto dovrebbe evitare le creme per limitare il consumo di grassi saturi».

Per vegani e non solo

«Mi piace definire il gelato un cibo che si prepara con la cottura a freddo», precisa Lobrano. «Quello a base di acqua è più leggero, indicato anche per i vegani, che devono solo controllare che tra gli zuccheri non ci sia il miele, e per gli intolleranti al lattosio. Non si troverà, infatti, lo zucchero del latte e nemmeno i grassi, a meno che non si usi frutta fresca come avocado e cocco. Mancano anche le proteine del latte che possono essere sostituite con quelle di frumento, soia, riso, avena. Possono essere aggiunte fibre vegetali, come l’inulina, per dare stabilità. Oltre ai gusti alla frutta, a base d’acqua sono tutti quelli alla verdura, agli infusi di tè, camomilla, caffè, alle spezie, ai fiori, alla birra e al vino (non inserire più del 3% di alcol all’interno di una ricetta). E anche al cioccolato fondente».

Artigianale, industriale o soft?

Il 98% degli italiani ha mangiato il gelato almeno una volta nella vita e l’87% lo fa con regolarità (dati Eurisko/Igi). «Una delle ragioni del suo successo è che costa poco e ha un alto valore emotivo di gratificazione», continua Lobrano. «Quello industriale è arrivato in Italia alla fine degli anni Quaranta quando fu introdotta per la prima volta la tecnologia americana per la produzione dell’ice cream che non è la semplice traduzione anglosassone di gelato, ma indica proprio il prodotto industriale. L’ice cream è lavorato in stabilimenti più o meno automatizzati, l’aria viene inserita forzatamente e in certi casi può superare il 110%. Il contenuto di grassi varia dal 10 al 30%. Viene confezionato diversi mesi prima del consumo finale e le materie prime non sono sempre di alta qualità a causa della necessità di conservarlo più a lungo. Il gelato artigianale si prepara con macchinari in cui l’operatore ha ancora un certa importanza. Il contenuto medio di aria, inglobata naturalmente, oscilla tra il 20 e il 40%, quello di grassi varia tra 0 e 12%. Si produce tutti i giorni o quasi, la data di scadenza è di pochi giorni ed è venduto sfuso. Gli ingredienti di solito sono in massima parte da materie prime fresche». Dai noi il mercato artigianale ha saputo difendersi e per questo oggi in Italia ci sono oltre 15.500 gelaterie (dati CGA di Mestre) per una popolazione di 60 milioni mentre negli USA ce ne sono meno di mille per 300 milioni di abitanti. «Il gelato soft prende dal gelato artigianale  la produzione fresca e la presenza di ingredienti di alta qualità, da quello industriale  l’inserimento in aria attraverso un macchinario a pompa», precisa l’esperto. 

L’alternativa è farlo in casa

È normale che risulti più compatto, freddo e granuloso. «Questo dipende dal processo di gelatura e mantecazione: se è rapido e costante, come quello con le macchine professionali che richiedono 15 minuti, l’acqua produrrà cristalli di ghiaccio piccoli che porteranno a una struttura fine e soffice. Se invece è lento e non continuo, cosa che può capitare con le macchine casalinghe che richiedono 40-45 minuti, i cristalli appariranno grossolani e la struttura granulosa e più fredda», sottolinea il gelatiere. «Per ottenere ottimi risultati a casa, consiglio una macchina che abbia un frigorifero incorporato, costa da 100 a 300 euro. I patiti possono arrivare a spenderne anche mille, ma non è necessario. Per le ricette non serve comprare basi aromatizzate: il fior di latte si fa con latte, panna, zucchero e farina di semi di carruba non con la pasta al fior di latte».

Cosa c’è nel gelato

Acqua: è aggiunta tale e quale o apportata dagli altri ingredienti come il latte, la panna o la frutta. Oltre a fornire la struttura al gelato grazie alla sua capacità di congelamento, serve per sciogliere gli zuccheri, reidratare le proteine e gli stabilizzanti.

Zucchero: dona dolcezza e impedisce che tutta l’acqua si trasformi in ghiaccio, rendendo il prodotto morbido. Il più usato è il saccarosio, il normale zucchero da cucina, ma si ricorre anche a destrosio, sciroppo di glucosio, zucchero invertito, maltodestrine, fruttosio e miele. Ognuno ha un diverso potere anticongelante.

Grassi: danno cremosità, sensazione di pienezza e veicolano gli aromi, come la vaniglia.

Proteine: hanno la capacità di trattenere l’aria, come anche alcuni stabilizzanti e sali minerali, e di formare una “impalcatura” che rende il gelato più sostenuto e resistente. 

Aromi e stabilizzanti: i primi danno gusto; i secondi hanno un ruolo addensante o gelificante, rendono il gelato stabile e attraente, come la farina di semi di carruba: ne basta 1 o 2 g al chilo. Come emulsionante si usa l’uovo.

Come riconoscere un buon gelato?

I consigli del gelatiere Roberto Lobrano per riconoscere una buona gelateria e un gelato di qualità.

In gelateria: gusti, contenitori, banchi

  • Il libro degli ingredienti, che sono indicati in ordine decrescente, è bene in vista.
  • I gelati hanno una stagionalità: preferire le gelaterie che offrono gusti locali e di stagione. Se a dicembre si trova la fragola chiediamoci come sia possibile.
  • Molti gusti in vetrina fanno insospettire: o la struttura si è organizzata assumendo tanto personale per assicurare l’artigianalità o si utilizzano prodotti già pronti e il gelato resterà esposto anche per più giorni.
  • Il pozzetto, ossia la vaschetta chiusa col coperchio, dà maggiore garanzia di conservabilità senza l’aiuto di additivi e coloranti. La vaschetta aperta, però, aiuta a vendere di più: se la “montagna” di gelato esce più di 10 cm dal bordo del contenitore, è stato aggiunto qualche ingrediente extra per garantire solidità.
  • Chi serve il gelato deve indossare il cappello e non può portare anelli perché possono contaminare il prodotto; in alternativa, deve lavarsi spesso le mani o indossare i guanti.

Come capire se i colori sono naturali

  • Impariamo a riconoscere i colori naturali. Il vero pistacchio è verde scuro e può risultare un po’ salato. Se è verde acceso è stato arricchito di coloranti. 
  • Il fior di latte di qualità ricorda il latte, la panna. Se si sente una nota di vanillina vuol dire che è stato aggiunto qualche cosa di artificiale.
  • Il limone artigianale non può essere troppo bianco e cremoso come il fior di latte e deve sentirsi più fresco. Il sapore si riconosce dal contrasto con la scorza macerata nell’acqua o nello zucchero, se troppo spiccato si sono usate buste di acido citrico per aromatizzare.

La tendenza è il gelato funzionale

«Il gelato di frutta può essere considerato nutraceutico, neologismo che deriva dalla fusione di “nutrizionale“ e “farmaceutico“ e indica quei componenti che, se assunti in determinate quantità, hanno un effetto protettivo nei confronti delle malattie cronico-degenerative», precisa la professoressa Hrelia. «Quello ai frutti di bosco ha vitamina C e antocianine, potenti antiossidanti; quello al melone o all’albicocca si caratterizza per la presenza di vitamina A e carotenoidi che proteggono pelle e vie respiratorie; quello al pistacchio e alla nocciola è fonte di acidi grassi Omega 3, gli stessi del pesce azzurro. Sono nutraceutici anche il gelato allo yogurt, ricco di lattobacilli e bifido batteri che si mantengono vivi grazie alla preparazione a freddo e forniscono proprietà benefiche per il nostro microbiota, e quello al cioccolato fondente: è cardioprotettivo grazie alla presenza di flavonoidi e fornisce potassio e magnesio, minerali che in estate fanno bene». 

Dal mio articolo su Natural Style

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