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Davvero fa bene il digiuno intermittente?

Da una recente ricerca scientifica è emerso che una media di 7 persone su 10 abbandona un regime alimentare salutare dopo un anno. Tra i timori più comuni tra coloro che si mettono a dieta ci sono la paura di non farcela e di soffrire la fame. Mangiare gustoso e sano, con gioia e moderazione, resta la regola base per il nostro benessere. Eppure sempre più studi mettono in luce le potenzialità di quello che può sembrare l’estremizzazione di una dieta: il digiuno intermittente, quell’alternanza che comporta l’astensione totale o parziale dal cibo per un certo numero di ore, seguita dalla ripresa di pasti regolari.

Che cosa sono il digiuno intermittente e la restrizione calorica intermittente

“Non c’entra assolutamente nulla con le restrizioni prolungate senza controllo medico, seguite a volte da altrettante pericolose abbuffate, di chi soffre di disturbi alimentari”, precisa subito Stefano Erzegovesi, psichiatra, nutrizionista e primario del Centro Disturbi del Comportamento alimentare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro, autore del libro Il digiuno per tutti (Vallardi editore, € 12). “Il digiuno classico dura 24 ore. Le modalità per eseguire quello intermittente, invece, variano a seconda che si preveda di digiunare per 12 ore, per esempio dalle 19 alle 7 del mattino successivo, o per 16 ore e, quindi, si mangia in una finestra di 8 ore. Poi c’è il semidigiuno o restrizione calorica intermittente, intesa come riduzione dell’assunzione di cibo in assenza di malnutrizione, in cui durante cinque giorni della settimana è possibile assumere regolarmente cibo, mentre negli altri due non consecutivi l’apporto calorico è ridotto a circa 500-600 calorie al giorno”.

Indicazioni e controindicazioni

“Bisogna sempre confrontarsi con il proprio medico e ci vuole particolare attenzione se si stanno assumendo farmaci perché il giorno di magro può potenziare o depotenziare l’effetto di una terapia”, prosegue l’esperto. “Il digiuno intermittente e la restrizione calorica sono sempre sconsigliati a chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare o a chi è in situazioni di sottopeso in corso di recupero. È controindicato anche per i bambini e gli adolescenti in fase di crescita, per le donne in gravidanza e in allattamento. Sono invece indicati, secondo le più recenti ricerche scientifiche che sono ancora in fase sperimentale, non solo a chi soffre di sovrappeso e obesità, ma in generale per la salute e la longevità”. 

Cosa capita dentro di noi quando si mangia meno

“La benzina migliore che arriva al corpo è il glucosio che ricaviamo dai carboidrati (pane, pasta, frutta, legumi, cereali integrali), la nostra primaria fonte di sostentamento. Può essere subito consumato oppure immagazzinato nei muscoli e nel fegato sotto forma di glicogeno”, dice Erzegovesi. “Quando si mangia meno, l’organismo si adatta al digiuno e si ingegna per soddisfare i nostri bisogni di energia. Il primo esempio di adattamento lo viviamo tutti i giorni perché tutti i giorni pratichiamo una forma di digiuno senza accorgercene. Inizia due-quattro ore dopo la fine del pasto, quando il cibo è stato completamente assorbito dall’intestino tenue (digiuno post assorbimento): cala il livello di zuccheri nel sangue, il corpo attinge dalla riserva di glicogeno, la cui scorta dura circa mezza giornata, per formare altro glucosio”.

Mai esagerare con l’intensità del digiuno

“In caso di digiuno fino a 24 ore, invece, scattano anche altri processi: il fegato, che non riesce a ricavare dal glicogeno l’energia sufficiente, comincia a bruciare le scorie presenti nelle cellule o nei muscoli, attiva un meccanismo di risparmio del glucosio e inizia a bruciare trigliceridi; dal metabolismo dei grassi ricava corpi chetonici, la sua nuova benzina che però, diversamente dal glucosio, produce scorie. Bisogna quindi fare molta attenzione a non esagerare con l’intensità del digiuno perché, come ci ha insegnato Paracelso, la differenza tra farmaco e veleno sta nella dose”, precisa l’esperto.

Il corpo va in stand-by ed elimina le tossine

Quando l’organismo non è impegnato a smaltire il cibo per un limitato numero di ore, entra in uno stato di manutenzione. “Dalla maggior parte degli studi scientifici, gli effetti positivi del digiuno intermittente e della restrizione calorica sono considerati come la conseguenza della capacità del corpo di ripulirsi dalle tossine, di riparare e di rinnovare le strutture danneggiate e di recuperare energia”, aggiunge Erzegovesi. “Infatti, uno degli effetti più rilevanti è la diminuzione delle molecole responsabili dei processi di crescita delle cellule, riduzione che contribuisce a eliminare le scorie cellulari, a rallentare il processo d’invecchiamento e a ridurre i fattori di rischio di malattia”.

Protegge da diabete e malattie cardiovascolari

Lo scienziato Valter Longo
Valter Longo, biogerontologo di fama internazionale.

“Inoltre, digiuno breve e restrizione calorica abbassano l’insulina, modulano il lavoro di sostanze coinvolte in diverse vie metaboliche connesse alla riparazione del DNA, all’autofagia, ossia il processo di autodigestione di cellule vecchie o danneggiate, alla resistenza allo stress ossidativo”, sottolinea Erzegovesi. “Per questo possono rappresentare un’arma nella prevenzione della maggior parte delle malattie legate all’invecchiamento, come le patologie cardiovascolari, il diabete 2, le patologie cronico-degenerative del cervello tipo l’Alzheimer”. E anche il cancro. Da quanto sta emergendo da ricerche recenti ottenute in animali o in studi clinici non ancora conclusivi condotti dal team dello scienziato Valter Longo, biogerontologo di fama internazionale, il digiuno sembra bloccare le capacità delle cellule tumorali di modificarsi – una delle loro caratteristiche più importanti – e di sfuggire alla tossicità delle cure. Clicca qui per leggere l’intervista a Longo che nel 2018 è stato inserito, dalla rivista americana Time, tra le 50 persone più influenti al mondo nel campo della sanità. 

Se compare mal di testa o nausea

“Anche sulla mente gli effetti del digiuno si manifestano: l’attenzione, la concentrazione e la memoria possono migliorare, così come le capacità logiche e soprattutto quelle intuitive. Si impara a essere più resilienti, ossia più resistenti alle avversità e agli imprevisti, e a distinguere tra fame vera e fame nervosa”, prosegue Erzegovesi. “Gli episodi negativi, invece, sono imputati a transitorie crisi di astinenza dovute alla dipendenza fisica e psicologica dal cibo e da sostanze eccitanti come caffè, tè, tabacco, zuccheri raffinati e cioccolato. Nel giorno di magro possono comparire sintomi passeggeri come mal di testa, nausea, debolezza, testa che gira, tristezza, ansia, fissazioni sul cibo. Ascoltatevi con calma. La maggior parte delle volte sono ben tollerati e passeggeri. Se notate sintomi persistenti o un malessere che vi sembra intollerabile, bevete di più e mangiate un pezzettino di pane integrale. Vuol dire che quello non era il giorno giusto per purificarsi”.

Il digiuno aiuta in vista delle abbuffate natalizie?

Ricca tavola natalizia con pasta, carne, dolci e pane. Foto: Jed Owen/Unsplash.
Ricca tavola natalizia con pasta, carne, dolci e pane. Foto: Jed Owen/Unsplash.

Per capitalizzare i potenziali benefici del digiuno intermittente, bisogna che entri a far parte di un nuovo stile di vita. “Praticarlo e mangiare male gli altri giorni non serve a nulla. Non è il rimedio post abbuffate natalizie”, raccomanda l’esperto. “In attesa delle Feste il mio consiglio è cominciare ad abituarsi al digiuno intermittente e a una alimentazione mediterranea povera negli altri giorni, che significa abbondanza di verdura, frutta, legumi, cereali integrali”.

Perché sentiamo fame

Tra i principali segnalatori chimici della sazietà ci sono due ormoni, la leptina e l’insulina. “La leptina comunica al nostro cervello che le riserve sono abbondanti e di smettere di mangiare. L’insulina, invece, è secreta dal pancreas quando i livelli di zucchero nel sangue cominciano a salire e ordina alle cellule di fare scorta. A contrastare le loro azioni sazianti ci pensa la grelina, un ormone secreto a livello dello stomaco in condizioni di digiuno e che fa sentire i crampetti della fame. Facilita anche il ricordo delle esperienze gratificanti legate al cibo come l’acquolina in bocca”, spiega Erzegovesi.

Schema di base di 1 giorno di magro

Valutare di farlo 1 volta alla settimana solo dopo aver sentito il proprio medico. Dopo almeno 2-3 mesi di regime semplice, può essere considerata, sempre insieme al medico, l’ipotesi di passare a 2 volte, ma non di più. Va bene qualsiasi giorno della settimana, basta che non si sia oberati di cose da fare. Lo schema è tratto dal libro Il digiuno per tutti.

Che cosa bere

  • Bere almeno un litro e mezzo di liquidi a scelta (tè a basso contenuto di teina, tisane, infusi non zuccherati e senza dolcificanti), in aggiunta a quanto già indicato nei singoli pasti.

Colazione

Kefir nel bicchiere con granola di noci. Foto: Ellieelien/Unsplash.
Kefir nel bicchiere con granola di noci. Foto: Ellieelien/Unsplash.
  • 2 noci
  • 1 bicchierino (50 ml) di yogurt kefir al naturale
  • 1 tazza grande (300 ml) di tè a basso contenuto di teina 

Pranzo e cena sono uguali

  • 1 cucchiaio di verdure fermentate tipo giardiniera di verdure
  • 1 tazza grande (300 ml) di brodo vegetale non ottenuto da dado
  • 1 abbondante porzione di verdura di stagione, cotta o cruda a scelta, condita con un cucchiaio da minestra di olio extravergine d’oliva. 

Facoltativo sia a pranzo sia a cena

  • 1 piatto di spaghetti shirataki, a base di fibra di Konjac, una radice da cui si ricava una farina ricchissima di fibre: si trovano nei negozi biologici oppure on line. Condirli con sugo di verdure o pesto leggero: 50 g di foglie di basilico fresco, 20 g di pinoli, 60 g di olio extravergine d’oliva delicato, un pizzico di sale fino e un bicchierino (50 ml) di acqua gassata freddissima (diluisce bene la salsa e aiuta a conservare il colore verde brillante del basilico). Frullate con il frullatore a immersione, aggiustare sale e acqua.

Se si ha poco tempo

Lasciamo stare fermentati, brodi e shirataki e facciamo quello che riusciamo con una busta surgelata di verdure già tagliate e pulite o una busta di insalata mista già pronta da condire, o anche una scatola di verdura già cotta. I sapori saranno meno intensi, il senso di sazietà sarà un po’ più fiacco, ma l’effetto finale sarà comunque ottimo. 

Le 4 cose che contano nel giorno di digiuno

  1. Quello che non mangiamo
  2. La presenza di fibre
  3. La presenza di un po’ d’olio extravergine d’oliva
  4. La presenza di molti liquidi da bere. 

Gli altri 5-6 giorni che cosa mangiare?

Basta seguire lo schema del “Piatto del mangiar sano” studiato dalla Harvard School of Public Health.

Il piatto del mangiar sano di Harvard: suddiviso un 4 parti, indica le quantità di ortaggi, frutta, cereali integrali e proteine da mangiare ogni giorno.
Il piatto del mangiar sano di Harvard: suddiviso un 4 parti, indica le quantità di ortaggi, frutta, cereali integrali e proteine sane da mangiare ogni giorno. Senza trascurare l’importanza di muoversi quotidianamente e bere acqua.

“Ai nutrienti di Harvard aggiungere sempre i 3 nutrienti FDP, ovvero Fuori Dal Piatto: un raggio di sole (la luce), un cielo stellato (il buio, ovvero il sonno), due mani che si tengono (ovvero il contatto e le relazioni interpersonali)”, conclude Erzegovesi. “Dopo 3-4 mesi di giorno di magro e alimentazione mediterranea salutare, una volta alla settimana soddisfiamo le nostre voglie di cibo goloso, o fritto, o di un bicchiere di vino in più”.

Dal mio articolo su Natural Style.

Credito foto di apertura: Vitalii Pavlyshynets/Unsplash.

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