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Cibi che fanno dimagrire: esistono davvero gli alimenti a calorie negative? Cosa dice la scienza

Esistono cibi che fanno dimagrire, ossia che sopprimono l’appetito per un periodo molto lungo? Dall’abbondanza di proteine ad alimenti come tè verde e peperoncino, sono diversi gli aspetti su cui gli studiosi indagano. Uno dei composti che attira di più la loro attenzione è la capsaicina, la sostanza chimica che rende il peperoncino piccante.

Come si legge su Physiology & Behavior, Mary-Jon Ludy, professore associato di Alimentazione e nutrizione presso la Bowling Green State University dell’Ohio e co-autrice dello studio, ha invitato 25 persone per sei volte a mangiare zuppa di pomodoro. Quando conteneva 1 g di peperoncino, i partecipanti hanno bruciato 10 calorie in più nelle quattro ore e mezza successive. L’ingestione di peperoncino ha ridotto l’assunzione di cibo e l’appetito nei non consumatori di cibi piccanti. Hanno, infatti, riferito di aver mangiato 70 calorie in meno quando è stato servito loro il secondo pasto piccante rispetto a coloro che di solito mangiavano peperoncino tre volte alla settimana o più.

“Siamo i discendenti dei nostri antenati sopravvissuti alla carestia. Per questo motivo, è scolpito nel nostro DNA un sistema anti carestia che, in tutti i modi possibili, spinge al risparmio e alla conservazione dell’energia. Al di là del vantaggio irrisorio, sul breve termine, di bruciare col peperoncino 10 calorie in più – equivalenti a 2 g e mezzo di farina -, sul lungo periodo il nostro organismo “sente” gli sprechi energetici.

Con meravigliosa efficienza interviene, quindi, per correggerli: sia a livello fisico, per esempio abbassando il metabolismo basale, sia a livello psicologico, facendoci desiderare alimenti ricchi di energia”, spiega Stefano Erzegovesi, medico nutrizionista e psichiatra, esperto in nutrizione preventiva e disturbi alimentari. “L’aggiunta sistematica di erbe e spezie è soprattutto un aiuto per fare la scorta di antiossidanti e per educare il palato a un’alimentazione semplice, ma con profumi e sapori interessanti”.

Il ruolo di tè e caffè

Anche una revisione di 32 studi uscita su Nutrients e una della Cochrane Library hanno rilevato che il peperoncino, così come il tè verde, non è risultato avere proprietà di soppressione dell’appetito o di aumento della sazietà. “I benefici del tè verde dimostrati dagli studi scientifici finora si concentrano sulla prevenzione di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, cancro e decadimento cognitivo nelle persone anziane, non sulla riduzione del peso”, prosegue l’esperto.

Un altro alimento che si dice faccia diminuire la fame è il caffè. Come riporta la BBC, Matthew Schubert, professore assistente presso il dipartimento di Kinesiologia della California State University, ha esaminato le ricerche condotte finora. Ha riscontrato come bere caffè porti a una velocità leggermente superiore di svuotamento gastrico, ovvero il tempo necessario a un pasto per passare dallo stomaco all’intestino tenue. Non ha trovato, però, evidenze su come questa bevanda possa smorzare l’appetito. “La velocità di svuotamento gastrico non ha alcuna correlazione con la fame, ma ce l’ha con l’effetto digestivo di un buon caffè al termine di un pasto abbondante”, precisa Erzegovesi. “Come per il tè verde, anche il consumo di caffè si correla a un significativo effetto di prevenzione delle malattie croniche. Un consiglio per tutti è, invece, di sostituire qualsiasi bevanda, zuccherata o dolcificata artificialmente, con acqua”.

Più fibre

Un abbondante apporto di fibre, a oggi, è stato dimostrato saziare di più, anche se non a lunghissimo termine. Alcuni studi sulla popolazione dimostrano che, se le persone ne mangiano di più, l’aumento di peso rallenta, però questo avviene solo quando si consumano quantità davvero elevate. “Sicuramente aiutano a perdere peso. Ma vanno consumate in quantità decisamente lontane dalle abitudini occidentali: non i 25 g di fibre al giorno consigliati dalle linee-guida nutrizionali, ma almeno 40 g al giorno, quantità possibili solo se seguiamo una dieta ricca di cereali integrali, legumi, verdure e frutta con la buccia”, sottolinea lo specialista.

“I meccanismi per cui le fibre possono aiutare con appetito e peso sono molteplici:

  • portano a masticare più a lungo gli alimenti e comportano un effetto di miglior riempimento gastrico, quindi un maggior senso di sazietà;
  • aiutano a rallentare l’assorbimento degli zuccheri e a ridurre quello di colesterolo e di trigliceridi;
  • sono il cibo preferito dai nostri batteri intestinali amici che regolano in maniera indiretta, ma significativa, il metabolismo e i nostri desideri alimentari”.

La scelta delle proteine

“Il mito delle proteine dimagranti è quasi preistorico – se ne parla dal 1862, poco dopo l’Unità d’Italia -, è duro a morire e si basa su un equivoco comune: ‘Se un nutriente fa bene, ne mangio di più e mi fa ancora meglio’. Ci sono evidenze secondo le quali una giusta quantità di proteine stimola il metabolismo e la sazietà. Questo non vuol dire che un’eccessiva quantità di proteine li stimoli di più. Anzi, è vero il contrario. Una dieta senza carboidrati e con un eccesso di proteine animali, con la sua povertà di fibre e il suo carico di sostanze pro-ossidanti, favorisce sul lungo periodo la voglia irresistibile di carboidrati. Nel mondo occidentale di oggi il problema non è mai la carenza di proteine, ma il suo eccesso”.

Dieta varia e il tranello dell’auto-assoluzione

Insomma, c’è un solo modo per collaborare con i processi evolutivi del nostro corpo e del nostro cervello progettati per conservare le energie e mantenere il peso costante: seguire una dieta varia ed equilibrata con ogni nutriente e bere l’acqua di cui abbiamo bisogno.

“Tutte le carenze nutrizionali di proteine, di carboidrati e di grassi stimolano l’appetito. Inoltre, non solo non esistono cibi taglia-fame o bruciagrassi, ma il consumo di alimenti supposti tali può generare il meccanismo psicologico dell’auto-assoluzione e, di conseguenza, ridurre la qualità complessiva della nostra dieta facendo scattare ragionamenti di questo tipo: ‘Mangio tre hamburger con le patatine, tanto poi prendo una tisana allo zenzero’. Ecco un altro alimento studiato per la sua presunta e non confermata funzione antifame e bruciagrassi. Il meccanismo dell’auto-assoluzione non è facile da indagare da un punto di vista scientifico, però influenza moltissimo le nostre decisioni di salute. Si è visto, per esempio, che i fumatori che assumevano un integratore di vitamine ‘per proteggere i polmoni’ fumavano di più”.

Stile di vita

Buona parte delle persone che vivono nelle cosiddette “zone blu”, le aree del pianeta studiate perché registrano i tassi più alti di longevità in salute, sono snelle. “Non usano formule magiche”, conclude Erzegovesi, “ma seguono uno stile di vita che fa funzionare al meglio i loro organismi: abbondante presenza di cibi “poveri” ma ricchi di fibre, come ortaggi e legumi; attività fisica non sportiva costante, come camminare; regolari orari dei pasti e dei ritmi sonno-veglia; rete sociale con relazioni empatiche e durature”.

Che cosa sono le calorie negative

Non ci sono cibi con meno di zero calorie, eppure a volte si parla di alimenti a calorie negative. Con questa espressione ci si riferisce a cibi con poche calorie, di solito frutta, verdura e spezie, i cui processi di masticazione e di digestione farebbero bruciare più dell’apporto calorico del cibo mangiato. “Non esistono alimenti il cui consumo comporti una perdita di calorie maggiore di quante ne sono entrate”, spiega Andrea Ghiselli, nutrizionista.

“Qualsiasi alimento è costituito da almeno uno dei macronutrienti: carboidrati, proteine e grassi. Ogni grammo di questi macronutrienti sviluppa, una volta ingerito, digerito e assorbito, rispettivamente 4, 4 e 9 kcal. Per tutti i passaggi necessari a metabolizzare e trasformare l’alimento in anidride carbonica e acqua, l’organismo utilizza una percentuale delle calorie entrate, variabile a seconda del tipo di nutriente:

  • 5-10% se si tratta di carboidrati;
  • 15-30% nel caso delle proteine;
  • 2-5% per i grassi.

Mediamente la nostra alimentazione brucia il 10% di quanto entra attraverso questo meccanismo che prende il nome di termogenesi indotta dalla dieta. Quindi, se assumiamo 10 kcal, ne bruciamo 1 per la termogenesi indotta, se ne entrano 1000 ne eliminiamo 100, ma le calorie sono tutte positive, non negative”.

Questo non significa che non sia importante considerare questo aspetto, ma è bene contestualizzarlo. “Il sedano, per esempio, è uno degli alimenti più menzionati come portatore di calorie negative”, prosegue l’esperto. “Cento g apportano 21 kcal. Di queste 1,3-2,7 kcal vengono spese per la termogenesi indotta dalle proteine, 0,5-1 kcal da quella dei carboidrati e 0,04-0,1 da quella dei grassi. Nella migliore delle ipotesi, prendendo cioè i valori più alti, si assumono 17 kcal su 21 di partenza. Per avere calorie negative dovremmo masticare quei 100 g di sedano per più di un’ora e mezza ed è impossibile. Gli alimenti “croccanti” di difficile masticazione, ricchi di fibre come la frutta e la verdura, sono utili non perché la loro masticazione fa consumare calorie, ma perché dà più sazietà. Una mela mangiata masticando ha le stesse calorie di una frullata, ma l’effetto sulla sazietà è maggiore”.

Dopo 15 minuti ci sentiamo sazi

Non ci si sente subito pieni mentre si mangia. “Le avvisaglie di sazietà richiedono circa 15 minuti dall’inizio dell’ingestione di cibo e dipendono da segnali inviati da recettori che si trovano nello stomaco”, spiega la ricercatrice Carol Coricelli, ricercatrice in neuroscienze cognitive presso la Western University in Canada.

“Nel 2005 lo studioso Brian Wansink ha presentato ai partecipanti di un esperimento una zuppa. In un caso il piatto veniva riempito dallo sperimentatore, nell’altro si auto-riempiva con un tubicino posto sotto il piatto stesso. I soggetti raggiungevano la sazietà più in fretta nel primo caso, a dimostrazione di come la vista, nel nostro esempio il gesto di riempire il piatto, influisca sul senso di pienezza. Difatti, quando si è distratti dal cellulare, per esempio, si tende a mangiare significativamente di più. Questo fenomeno è definito ‘mindless eating’, ossia mangiare senza pensarci”.

Che cos’è la sazietà sensoriale specifica

La sazietà sensoriale specifica (SSS) è il fenomeno per cui desideriamo meno un cibo appena mangiato a sazietà. “Questo ha evolutivamente garantito una dieta variegata nell’onnivoro”, dice Carol Coricelli. “Pur essendo molto sazi, però, accettiamo una pietanza con diversi sapore, consistenza e forma: è il caso del dolce a fine pasto per il quale si trova sempre spazio. Perché? Si stimola meno l’insorgenza della SSS e si riattiva il desiderio e il meccanismo di ricompensa”.

Dal mio articolo su Corriere della Sera inserto Salute.

Credito foto in apertura: Maja7777/Pixabay.

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